INTRODUZIONE:
La percezione del dolore è il risultato di un complesso sistema dinamico che codifica, trasporta e elabora i segnali nocicettivi. La relazione tra l’informazione nocicettiva e il dolore è profondamente influenzata da numerosi fattori sensoriali, affettivi e cognitivi. Un ruolo chiave nell’influenzare il dolore è giocato dall’attenzione, un meccanismo attraverso il quale tutti gli eventi sensoriali vengono selezionati e inseriti nella consapevolezza in modo tale che le afferenze nocicettive possano trasformarsi in esperienza cosciente e diventare dolore (1).
Ecco due esempi che spiegano come l’attenzione possa modificare la percezione del dolore :
A) La nostra a casa va a fuoco, e durante la fuga ci procuriamo una distorsione alla caviglia, pensate che il cervello abbia tempo da perdere per farci sentire dolore? Probabilmente sarà tanto focalizzato sulla fuga (distrazione dallo stimolo nocicettivo proveniente dalla caviglia) che il dolore sarà l’ultima delle sue preoccupazioni. Probabilmente solo una volta in salvo avvertiremo dolore.
B) Entriamo dal dentista con una carie dolorosa in un dente e sentiamo il sibilo del trapano, lo stimolo uditivo cattura l’attenzione e crea un’ aspettativa negativa rispetto ai segnali sensoriali provenienti dalla bocca e probabilmente sentiremo dolore prima che la punta del trapano tocchi il dente.
Questi due esempi ci possono far capire come le sensazioni provenienti dal nostro corpo possano essere modulate e interpretate e di conseguenza formulare una risposta che sarà adattata al contesto.
PERCHE’ SENTO DOLORE?
Il dolore è un’esperienza indispensabile alla sopravvivenza della specie, senza questa abilità/capacità l’uomo non sopravvivrebbe a lungo.
I meccanismi che portano alla formazione dell’esperienza del dolore costituiscono un sofisticato sistema sviluppatosi durante l’evoluzione per proteggere l’integrità del nostro organismo, esso è capace di integrare un numero vastissimo di informazioni provenienti praticamente da tutti i sistemi sensoriali ed elaborarli nel cervello per fornire risposte “ad hoc”(2).La risposta finale sarà il risultato di un costante confronto tra gli stimoli interni, e il contesto. Il sistema è talmente modulabile in condizioni di normalità che anche quando lo stimolo, come nel primo esempio sopra descritto, ha tutte le carte in regola per essere riconosciuto come pericoloso non è così scontato che la risposta sia “Ehi, ti fa male, fermati!!”. Quando il contesto in cui siamo può comportare un ulteriore rischioper la nostra sicurezza e incolumità la risposta potrà essere: “Scappa anche se hai male” o “non sentire male così puoi scappare”.
COS’E’ L’ATTENZIONE?
L’attenzione è una funzione cognitiva che ci permette di selezionare e dare importanza a certi stimoli piuttosto che ad altri. Nel nostro ambiente si contendono molti eventi che competono tra loro, alcuni segnali devono avere la priorità sugli altri per mantenere, promuovere o sostenere l’azione e in definitiva, servire un obiettivo più semplice come la ricerca di un oggetto o di importanza per la sopravvivenza.(3)Ad esempio se stiamo cercando un oggetto di un preciso colore, quale un portachiavi giallo, scarteremo senza perdere troppo tempo ad analizzare altre caratteristiche tutto ciò che avremo davanti di colore verde, rosso o blu. Oppure se ci siamo persi nella foresta essere focalizzati sugli stimoli visivi aumenta le possibilità di interpretare ciò che avviene nell’ambiente circostante e quindi di sopravvivere.
In ultima analisi l’attenzione è una funzione cognitiva in continua interazione con più sistemi sensoriali che ci permette di aumentare le nostre capacità di riuscita verso un compito specifico. Questo fisiologicamente si ottiene modificando la sensibilità delle risposte neurali specifiche dello stimolo, cioè amplificando l’attività di neuroni che rispondono a stimoli rilevanti e inibendo l’attività di quelli che rispondono a stimoli irrilevanti (4). (fig.1)
Fig. 1. Semplificazione della inibizione in blu e amplificazione dei segnali neurali su vari sistemi in base alla distrazione focalizzazione dell’attenzione
Note : Le figure sono tratte dal libro “LIBERI DAL DOLORE” di Morini Massimo Pub. 2017
Attualmente si riconoscono due modalità di selezione attentiva (1):
- la SELEZIONE TOP DOWN, che è volontaria, rivolta all’obiettivo, e dà priorità ad informazioni rilevanti per l’azione in corso. Nell’esempio citato precedentemente dell’incendio l’informazione rilevante è il pericolo dell’incendio stesso e l’obiettivo principale è la fuga, quindi i segnali provenienti dalla caviglia vengono inibiti mentre tutti i segnali atti all’ efficienza del sistema locomotore vengono aumentati.
- La SELEZIONE BOTTOM-UP, è una selezione determinata da stimoli salienti (importanti), nuovi o poco frequenti come nell’esempio della foresta, o potenzialmente nocicettivi come il trapano del dentista (si parla di stimoli nocicettivi perché fino a quando non vengono elaborati dal cervello) che catturano immediatamente l’attenzione in maniera non volontaria
Gli stimoli nocicettivi, che potenzialmente creeranno l’esperienza del dolore solitamente richiedono subito attenzione per mettere in atto una serie di comportamenti appropriati, finalizzati ad esempio alla fuga e/o alla salvaguardia dell’individuo.
Grazie all’interazione tra i processi bottom-up e i processi di selezione top-down i comportamenti istintivi possono venire modificati in maniera funzionale, ad esempio nel caso del dentista grazie alla modulazione della nostra parte cognitiva non scappiamo come vorremmo fare ma restiamo seduti sulla poltrona per farci curare la carie che diventa l’obiettivo primario. Oppure nel caso dell’incendio l’attenzione rivolta al pericolo nel restare in casa ci fa allontanare il più velocemente possibile facendoci ignorare completamente lo stimolo nocicettivo (distrazione).
Studi di neuroimaging (risonanza magnetica funzionale o FMRI) hanno infatti dimostrato che la selezione top-down è in grado di influenzare precocemente la percezione del dolore, riducendo l’attività somatosensoriale del cervello cioè inibendo gli stimoli botton up (5).In sostanza è come se il cervello risultasse insensibile ad una certa stimolazione, lo stimolo parte, arriva, ma viene ignorato.Gli stimoli nocicettivi risulteranno quindi deboli e irrilevanti e si spegneranno più velocemente e l’obiettivo prevarrà rispetto alla trasmissione degli stimoli.
Da questi brevi esempi risulta chiaro come il dolore, i sistemi di movimento, gli stimoli sensoriali di vario tipo e l’attenzione risultino essere intercomunicanti per poter adattare le migliori risposte nel singolo contesto.
E NEL DOLORE CRONICO COSA ACCADE?
Numerosi lavori di letteratura scientifica in questi ultimi due decenni pongono l’attenzione sulle alterazioni anatomiche e funzionali che avvengono e/o che predispongono nella cronicizzazione del dolore (6,7) esse creano un disequilibrio tra le afferenze sensoriali nocicettive e la relativa risposta. Possiamo ipotizzare tre meccanismi che concorrono alla formazione di questo disequilibrio:
A) La prima ipotesi chiamata bottom-up vede il soggetto con dolore cronico caratterizzato da una ipersensibilità della periferia agli stimoli somatosensoriali. (Fig.1)
Fig. 1. Si viene a creare un disequilibrio tra gli stimoli entranti (personaggi rossi) e quelli che modulano la risposta (personaggi blu)
B) La seconda ipotesi invece pensa che il problema sia legato all’incapacità di esercitare un controllo sulle interferenze nocicettive Fig, 2
Fig.2 Mancano i personaggi blu che rappresentano il sistema di modulazione discendente
C) la terza riferisce il problema al fatto che i soggetti con dolore cronico hanno aspettative somatosensorialieccessive, cioe’ sono troppo focalizzati sul dolore. (8) Fig 3
Fig. 3l’attenzione del cervello nella parte destra della figura mostra come l’attenzione è focalizzata sulla zona dolente,e questo amplifica i normali segnali in entrata
ESEMPI DI APPLICAZIONI CLINICHE PER MODULARE IL DOLORE SULLA BASE DELLE IPOTESI ANALIZZATI
Come ridurre le afferenze bottom-up
Ad esempio l’utilizzo di tecniche manuali, e la terapia fisica interferiscono con l’attività dei rilevatori periferici facendo arrivare al midollo spinale altre informazione che influenzano positivamente gli interneuroni midollari, esse stimolano anche circuiti di modulazione discendente inibitoria (vie serotoninergiche e endorfiniche) per ridurre così le afferenze botton up di tipo nocicettivo (9).
Come aumentare le influenze top-down
Educando il paziente secondo le neuroscienze per diminuire la percezione della minaccia indotta dalla paura del dolore e della fatica provocati dall’esercizio, per permettere di svolgere con regolarità e costanza un esercizio di tipo aerobico (tipo nuoto bici corsa cammino), e/o specifico sfruttando il principio dell’esposizione graduale, fare attività che piacciono che gratificano aiutano a stimolare i sistemi di produzione della modulazione discendente del dolore (10).
Come distrarre l’attenzione dalle afferenze nocicettive botton up
Usare tecniche di distrazione risulta fondamentale nei pazienti con tendenza al catastrofismo, questi pazienti presentano un continuo rimuginare sul dolore presente e visioni sempre pessimistiche del loro futuro, questo atteggiamento stimola continuamente le afferenze sensoriali che alimentano la percezione del dolore stesso (8) e rende difficile ottenere una motivazione e quindi una reale aderenza a qualsiasi piano terapeutico. Non esistono protocolli standardizzati ma alcune strategie possono risultare vincenti come ad esempio fornire un compito cognitivo complesso mentre si esegue un compito motorio, oppure focalizzando la percezione del movimento in aree del corpo non sensibilizzate lasciando “ferme” quelle più sensibili, oppure sfruttando realtà virtuali per ingannare le sensazioni. Inoltre la spiegazione e la comprensione dei meccanismi del dolore e l’educazione mirata a ridurre la paura della minaccia del dolore stesso che deve assolutamente essere reinterpretato non come segnale di danno del corpo ma come evento normale e transitorio. Occorre anche cercare di formulare obiettivi raggiungibili a breve. In questi pazienti spesso l’utilizzo di uno psicologo esperto nel campo del dolore cronico favorisce l’accettazione della situazione e l’aderenza al programma di riabilitazione. La coerenza comunicativa tra i vari professionisti che ruotano intorno al paziente diventa un appoggio senza il quale difficilmente si otterranno risultati positivi.
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Libro: ”Liberi dal dolore”Autore Morini Massimo pubblicato 2017