Dare senso al mal di schiena e alla paura correlata al dolore PARTE 3
Esempi pratici
Eccoci qui a proporvi la terza ed ultima parte dell’articolo “Making Sense of Low Back Pain and Pain-Related Fear.Bunzli S, Smith A, Schütze R, Lin I, O’Sullivan P JOSPT, 2017″ , in cui vogliamo fornire esempi concreti dell’applicazione del Common Sense Model di Leventhal.
Premessa: la fase 1 verrà approfondita utilizzando una tabella tratta dall’articolo. Le fasi successive sono invece spiegate mediante dialoghi avvenuti in studio con pazienti particolarmente significativi (i nomi sono di fantasia!). Abbiamo pensato che, fornire esempi pratici di dialoghi con i pazienti, potesse essere di aiuto quando nella pratica clinica dobbiamo impostare il colloquio con loro.
Addentriamoci nell’approfondimento!!
FASE 1: incoraggiare i pazienti a descrivere la loro condizione attraverso le 5 dimensioni della rappresentazione.
E’ molto importante ascoltare, ma altrettanto importante è porre le domande giuste al paziente! Proviamo ad addentrarci nella prima fase del CSM, in cui per esplorare ogni dimensione del dolore vengono poste determinate domande.
Lo scopo? Individuare le convinzioni che formano la rappresentazione del LBP del nostro paziente, soprattutto quelle inutili, le lacune, le discrepanze, i concetti confusi e le idee sbagliate, al fine di aumentare la consapevolezza di come questi influenzino l’esperienza di LBP e di come potrebbe essere utile rimodellare la rappresentazione per dare un senso diverso all’esperienza del dolore.
Identità | Ti è stata fatta una diagnosi per questo dolore? Puoi spiegarmi cosa significa? Hai fatto dei raggi alla schiena? Puoi spiegarmi con le tue parole che cosa mostrano i raggi della tua schiena? |
Causa | Conosci la causa del tuo dolore? Quanto è prevedibile il tuo dolore? |
Conseguenze | Cosa pensi possa capitare se fai un movimento/attività di cui hai paura? Hai paura che a fare un movimento doloroso tu possa danneggiare la tua schiena? Hai paura che questo influenzi tutte le altre cose che devi fare? |
Durata | Quanto tempo pensi che il tuo dolore durerà? Quanto sei speranzoso rispetto al futuro? |
Controllo sintomi | Pensi di poter prevenire delle riacutizzazioni? Puoi controllare il tuo dolore se riacutizza? Quanto controllo hai sulla tua risposta al dolore? |
FASE 2: invitare il paziente a pensare alle esperienze che hanno portato alla creazione di idee sbagliate e valutare l’importanza di queste esperienze.
Si può chiedere ai pazienti di discutere i risultati delle loro immagini (rx, RMN ecc) per verificare come collegano le parole ai concetti che attivano delle rappresentazioni. Ad esempio l’etichetta degenerazione sembra suscitare una rappresentazione di LBP inguaribile, con conseguenze per la funzione futura (sedia a rotelle, disabilità permanenti). I clinici devono incoraggiare i pazienti a guardare ad esperienze di mal di schiena positive e stimolarli a parlare della propria per capire la forza delle loro credenze.
Michele ha 30 anni, fa un lavoro manuale, solleva pesi importanti e lavora spesso in posizioni scomode e al freddo. Da mesi soffre di mal di schiena. Un anno fa si è bloccato, da allora non è stato più completamente bene. Va in piscina 2 volte a settimana. Questo dialogo è tratto dalla prima seduta:
F: “Buongiorno Michele, prima di cominciare la seduta vorrei raccogliere alcune informazioni sul tuo problema. Puoi spiegarmi il motivo per cui sei qui?”
M: “Ho una schiena da buttare. Ho 30 anni e sono da buttare.”
F: “Cosa ti hanno detto che hai? Hai fatto degli esami?”
M: “L’ortopedico da cui sono andato, che segue mia mamma per un mal di schiena che ha da una vita, mi ha prescritto una risonanza magnetica. Ecco questo è il referto della risonanza, ma non so se ha valore, perché il medico che l’ha refertata ha scritto che non ho nulla, mentre l’ortopedico mi ha detto che ho dell’artrosi.”
In effetti la RMN è negativa a quanto pare dal referto. Nel referto invece della visita ortopedica si segnala: artrosi delle faccette, utile ciclo di massaggio per ridurre il dolore.
F: “Potresti dirmi con parole tue che cosa ti ha detto l’ortopedico?”
M: “Che ho un inizio di artrosi, che non ci posso fare niente, perché forse ho una schiena un po’ come mia mamma, di ridurre le attività pesanti e di fare questi massaggi per tenere morbidi i muscoli e di ridurre i carichi.”
F: “Che problemi ha la tua mamma alla schiena?”
M: “E’ una vita che non sta bene, l’hanno operata 2 volte per delle ernie, se non sbaglio, ma continua a non stare tanto bene. Forse io ho proprio preso da lei. In più da mesi ho cambiato mansione, in effetti sollevo pesi importanti e sono sempre in questo modo”. (fa vedere di avere un grosso carico appoggiato al tronco e va in iperestensione).
F: “Sei preoccupato di finire come la tua mamma? Sei preoccupato per il lavoro?”
M: “Il lavoro non mi preoccupa, sono stanco e voglio cambiarlo. Si, sono preoccupato che non finirà mai questo fastidio, io mia mamma me la ricordo sempre così.”
E’ abbastanza chiaro come la rappresentazione che Michele ha del suo mal di schiena sia influenzata dal vissuto della mamma e di come l’incontro con lo specialista abbia favorito questa rappresentazione. La gestione di Michele non potrà mai funzionare se non teniamo presente questo dato. Sarà importantissimo dimostrare a Michele che la sua storia non sarà la storia di sua madre, anzi di come questa esperienza personale potrà essergli favorevole: “non sottovaluterai di certo la situazione”, “la tua mamma da giovane probabilmente si è trascurata, tu invece sei intervenuto subito e hai la possibilità di lavorarci sopra” “sei sportivo e questo ti aiuterà a ridurre la possibilità di recidive”.
FASE 3: discutere con il proprio paziente su come le lacune, le incomprensioni e le idee sbagliate nella rappresentazione del dolore influenzano il suo comportamento.
Per alcuni le credenze che formano la rappresentazione sono implicite e possono diventare evidenti solo attraverso la sperimentazione comportamentale. I clinici dovrebbero allora utilizzare degli strumenti pratici come specchi, video, diari, feedback per aiutare i pazienti a raggiungere una consapevolezza corporea, diversa da quella che li porta ad evitare il dolore, le attività importanti e ad attuare dei comportamenti protettivi.
Ecco il dialogo tra Franco, paziente di 60 anni, ex muratore in pensione, con un importante episodio precedente di lombalgia ad origine discale avvenuto 3 anni prima, che si presenta dal fisioterapista con una postura “nettamente rigida”.
Fr: ..” e poi so che assolutamente non mi devo piegare in avanti, a parte che la schiena mi fa male, poi così il disco esce fuori, anche in ospedale 3 anni fa me lo avevano detto, e ricordo anche che lo stesso è successo a mio fratello, pensi che lui si è fatto male proprio da piegato, mentre piastrellava il bagno! Più piegato di così”.
F: “ E’ vero quello che le hanno detto in ospedale, soprattutto per il mal di schiena causato da problemi del disco, perché quando ci pieghiamo in avanti la pressione del movimento fa sì che il disco venga spinto indietro, rendendo più facile una eventuale fuoriuscita di materiale se ciò che lo contiene è già di per se un po’ più in difficoltà. Ma può immaginare una vita senza piegarsi in avanti?”
Fr: “Certo che no, ma la schiena mi fa male!”
F: “Ci credo, ma come vede, le fa male come mi ha detto anche ora che è drittissimo”
Fr: “ Ha ragione, ma io, come posso piegarmi se so che il disco viene spinto fuori?”
F: “Evitare di piegarsi era ragionevole all’inizio, in fase acuta, quando la pressione esercitata sul disco dal movimento di flessione poteva aggravare i processi infiammatori in atto e aumentare il dolore. Ma a tre anni dall’evento, la schiena si è assolutamente stabilizzata, anzi, mantenerla così rigida per evitare dei movimenti che per lei dovrebbero essere normali non fa altro che aumentare la compressione in quella zona sulle articolazioni della colonna e la tensione muscolare, e tutto questo può causare il tuo dolore!”
Questo dialogo fornisce al paziente:
– rassicurazione riguardo i propri comportamenti precedenti
– una spiegazione del perché gli erano state fornite determinate indicazioni dai clinici
– il motivo per cui ora è presente dolore causato da un comportamento di evitamento disfunzionale
il tutto in un linguaggio comprensibile al paziente, riprendendo attentamente le sue parole per rinforzare i concetti (ovviamente in precedenza si è raccolta l’anamnesi, sono state escluse red flags ed è stato condotto un esame fisico approfondito)
E’ sufficiente?
Potrebbe non esserlo. Un paziente che ha strutturato un comportamento così forte negli anni potrebbe non modificarlo soltanto grazie alla spiegazione verbale: offriamogli una sperimentazione comportamentale di rinforzo.
Il paziente ha dolore anche da seduto: osserviamo che la sua posizione è estremamente “rigida”, in iperestensione del tratto lombare e appiattimento della cifosi dorsale, inoltre sembra utilizzare solamente una respirazione alta toracica/costale. Proviamo a posizionare uno specchio al suo fianco, così che possa vedere la propria postura sul piano sagittale.
F: “Hai dolore seduto in questo modo?”
Fr: “Si, sento molta tensione nella parte bassa della schiena”
F: “Prova a specchiarti e a osservare la tua postura. Vedi quanto impegno ci stanno mettendo i tuoi muscoli a sorreggerti così? Quanta tensione si accumula qui? Forse non è così fondamentale tutto questo lavoro..”
Fr: “Ma se lascio la schiena molle poi si piega e mi fa male!”
F: “Facciamo una prova, segui con il bacino il movimento delle mie mani”
Il fisioterapista mobilizza il bacino in anti-retroversione, favorisce un rilassamento del tratto lombare e delle spalle per qualche minuto.
F: “Hai dolore ora?”
Fr: “Meno, mi sento meglio, più morbido”
F: “Guardati allo specchio, non sei piegato in avanti, hai semplicemente rilassato ciò che prima era troppo teso, e per questo faceva male. Pensi di poterlo fare anche a casa?”
Fr: “Ci provo, ma è un po’ difficile”
F: “Non devi farlo continuamente, solo un minuto dopo un po’ che stai a sedere, e per rilassare la schiena quando non fai questo movimento puoi appoggiarti a un cuscino come questo”.
Il fisioterapista posiziona un supporto lombare, e invita il paziente a osservare nuovamente lo specchio
F: “Guarda, così la tua schiena è comunque dritta, ma puoi riposare i tuoi muscoli. Sei bravo nel farli lavorare, ma per funzionare bene devono imparare anche a concedersi un po’ di riposo”.
FASE 4: presentare nuove informazioni per colmare le lacune, fare chiarezza nella confusione e sostituire le idee sbagliate.
Fornire al paziente una diagnosi che spieghi i suoi sintomi può dare origine a strategie per affrontarli. Invece di “appiccicare” etichette diagnostiche proviamo ad offrire una spiegazione che si rivolga a tutte le dimensioni della rappresentazione. Possiamo ad esempio spiegare i meccanismi di sensibilizzazione delle strutture spinali, e parlare di come l’adozione di comportamenti provocatori, sonno disturbato, paura, stress, vigilanza sostengono il dolore e la disabilità. E’ bene discutere inoltre dell’esistenza di strategie per affrontare questi meccanismi, che sono in grado di migliorare la capacità del paziente di controllare il dolore. La regolazione delle risposte emotive può prevedere meditazione, accettazione, rilassamento, regolazione del respiro..
Luca è un paziente di 45 anni, sportivo, con ernia discale L5-S1 e radicolopatia che causava dolore lombare e lungo il territorio del nervo sciatico verificatasi circa sei mesi fa; si presenta in studio preoccupato per una riacutizzazione del sintomo a livello del gluteo quando sta seduto a lungo. Il sintomo lo spaventa dal momento che, essendo un rappresentante, trascorre la maggior parte del tempo alla guida. Si rende conto che per paura ha interrotto l’attività fisica, è stressato e nervoso, e non riesce più a riposare come prima per timore di peggiorare la sua ernia con posture sbagliate a letto.
Dopo un aggiornamento anamnestico e una rivalutazione fisica del paziente, il fisioterapista sceglie di discutere con lui per fare chiarezza su alcune convinzioni errate e di fornire alcuni strumenti di rilassamento (muscolare e respiro).
- Dolore diverso da danno: il nervo ha memoria!
“Ricordi il problema alla radice del nervo che hai avuto 6 mesi fa? Al tempo era in fase acuta, c’erano molteplici processi infiammatori in atto, causati dall’erniazione del disco. Oggi hai male non tanto perché il disco sta erniando di nuovo, quanto perché il nervo ha conservato la memoria di quel dolore precedente e, vuoi il periodo di carico maggiore, vuoi le posizioni scorrette mantenute, ora ti manda dei segnali attivandosi molto precocemente rispetto a prima del tuo evento acuto. E’ come se il tuo sistema di allarme si mettesse a suonare non più solo quando giustamente entra il ladro nel giardino, ma anche quando cadono le foglie.
Mi hai detto che è un periodo molto stressante sul lavoro: sai che lo stress produce dei mediatori chimici che sono in grado di aumentare la nostra risposta-dolore? In parte perché facilita l’attivazione dei recettori che captano segnali dolorifici, in parte perché aumenta il tuo stato di allerta.
Se ti ricordi, al tempo ti avevo fatto un test che faceva molto male: da seduto rilassato dovevi tirare su la gamba. Faceva male perché andava a stirare proprio la radice intrappolata infiammata. Ora riconosci che la tua posizione alla guida è piuttosto simile: probabilmente il dolore che senti è dato da un minimo stiramento della radice, che ha conservato la memoria di quel dolore, e si attiva prima per ricordartelo, così che tu possa cambiare posizione e non irritarla ulteriormente, anche se non hai più un’ernia in atto. - Aumento del dolore per contrazione di difesa dei glutei e fornire strategie di rilassamento
“Mi hai detto che stavolta il dolore si presenta per lo più al gluteo e non alla gamba. Abbiamo escluso un nuovo coinvolgimento del nervo, ma vedo che la tua muscolatura è particolarmente irrigidita: è un normale meccanismo di difesa dal dolore. Il problema è che questa contrattura muscolare che non si rilassa è ora una nuova fonte di dolore. Ci lavoriamo insieme manualmente per cercare di spegnerla e ti insegnerò delle strategie per percepire lo stato di tensione muscolare e imparare a rilassarla
- Ritorno all’attività con focus sul respiro e accettazione del fastidio
“Hai interrotto la tua attività fisica per il dolore perché temevi di peggiorare l’ernia. Abbiamo però visto che l’ernia non è ora la causa del tuo problema. Tralaltro, sai che l’attività fisica, se ben dosata, è molto efficace nel modulare il dolore e liberare endorfine? Semplicemente, dobbiamo studiare insieme un modo di riprenderla, con i giusti carichi per non causare riacutizzazioni. Prima andavi a correre circa 5 km 4 volte la settimana. Che ne dici di ripartire con la metà della distanza percorsa camminando, sempre 4 volte la settimana? Il cammino ti piace, ti farà bene per variare la postura, ossigenare i tessuti e scaricare lo stress della giornata. Ti consiglio di concentrarti sul respiro, senza bloccarlo in alto, ma coinvolgendo anche l’addome, per ossigenarti di più e indurre un rilassamento maggiore. E se emerge del fastidio tollerabile non preoccuparti: è il tuo sistema di allarme che si sta riadattando al movimento: verifica che nelle giornate successive sia sempre minore e che lasci spazio ad attività e sforzi sempre maggiori. Non appena tornerai in confidenza con questo tipo di attività vedremo insieme come progredire.
FASE 5: guidare il paziente verso il cambiamento dei comportamenti attraverso la creazione di rappresentazioni modificate.
Fornire ai pazienti nuove informazioni per formare la loro rappresentazione. E’ necessario insegnare alle persone delle strategie per controllare il dolore, prevenire riacutizzazioni, controllare l’impatto del dolore sulle proprie vite e le risposte emotive al dolore. Quando l’azione selezionata li porta con successo verso l’obiettivo target, questa esperienza aumenta la coerenza della nuova rappresentazione di LBP. Se ripetuta nel tempo, determina la riduzione della paura.
Ecco un esempio tratto dal caso clinico di Marta, una paziente di 34 anni, avvocato, mamma di una bambina di quasi 3 anni, che soffriva di lombalgia ricorrente in adolescenza (giocava a pallavolo in terza divisione) e ha avuto un grosso episodio di lombosciatalgia causato da una protrusione discale durante la gravidanza, che si è protratto nei mesi successivi. E’ stata seguita con successo dal medico specialista e dal fisioterapista, e con farmaci ed esercizio terapeutico appropriato ha gestito il dolore e ripristinato la funzione. Ha eseguito per diversi mesi un programma di esercizi in autonomia, ed è stata vista per controlli e progressioni dal fisioterapista. La sua routine le impedisce di eseguire un’attività fisica costante in palestra, perciò va a camminare nel fine settimana e dedica 2 serate agli esercizi.
Si ripresenta dal fisioterapista dopo circa un anno e mezzo, con dolore lombare e una discreta apprensione riguardo la propria condizione clinica: teme di stare ritornando al punto di partenza. Ha abbandonato gli esercizi da diverse settimane a causa di un momento particolarmente stressante sul lavoro e ha paura a riprenderli, sente la sua schiena fragile e incapace di sostenerla.
Dopo aver condotto anamnesi, esame fisico ed escluso red flags, il fisioterapista sceglie di lavorare utilizzando strategie educative per:
- fornire nuove informazioni alla paziente per aiutarla a formare la propria rappresentazione
- offrirle delle strategie per controllare il dolore e prevenire le riacutizzazioni
- aiutare a gestire l’impatto che il dolore ha sulla vita della paziente e la sua risposta emotiva
nel primo caso, il concetto ritenuto chiave da trasmettere alla paziente è stato l’aver ecceduto la capacità di carico della propria schiena, che è diverso dall’avere una problematica analoga alla precedente.
“Non temere, dall’esame fisico è chiaro che non ti trovi nella situazione di un anno e mezzo fa. Il nervo ora non è danneggiato e non ci sono segni di problematiche discali in atto. Immagina di aver portato tutti i tessuti della tua schiena, i muscoli, le articolazioni, i legamenti.. ad una buona capacità di carico, grazie a tutto il lavoro fatto insieme. Ricordi? all’inizio la tua capacità di carico era davvero bassa, un piccolo carico come sollevare la gamba ti scatenava delle fitte lancinanti. Ora però che cosa è successo ai tuoi tessuti? Da settimane non li alleni: la loro capacità di carico si è ridotta. Ma il carico che tu gli dai si è ridotto? No. il carico fisico è rimasto uguale: prendi in braccio tua figlia, giochi a terra con lei, guidi molto e stai seduta ore ed ore a lavoro. E il carico non fisico? E’ aumentato. Considera che anche quello gioca la sua parte nella capacità di carico globale. Mi hai detto che stai lavorando più ore, dormi meno per recarti prima a lavoro, la tua bimba si è ammalata e ti ha passato l’influenza, hai dovuto prendere delle medicine, ed è un momento particolarmente stressante. Pensi che la tua schiena abbia la stessa capacità di sopportare i carichi di qualche settimana fa? Proviamo a cercare insieme dei modi per riportarla alla condizione precedente.
Per offrire delle strategie per controllare il dolore attuale e prevenire le riacutizzazioni il fisioterapista ha scelto di ripartire da esercizi antalgici con basso carico ed alto numero di ripetizioni, e di “riequilibrare” la routine della paziente.
“Proviamo a cercare insieme degli esercizi “di pronto soccorso”, che, come un antidolorifico, tu possa assumere quando in questi primi giorni il dolore torna a farsi sentire”.
“Ricordi? Non esiste solo il carico fisico, proviamo a cercare insieme un modo per riequilibrare tutto ciò che di fisico non è, ma che va a gravare sulla tua schiena. Proviamo a trovare, nella tua giornata, spazio per il riposo, strategie per migliorare lo stress sul lavoro.. dimmi tu stessa come potresti affrontare meglio ciò che al momento ti sta dando affanno”.
“Per prevenire le riacutizzazioni ci riavvicineremo gradualmente al livello di attività a cui eri arrivata prima di quest’ultimo attacco: ce l’hai fatta in passato dove partivi da una condizione ben peggiore, ce la farai senza dubbio anche stavolta!
Per gestire la risposta emotiva e l’impatto che il dolore ha sulla vita della paziente il fisioterapista ha fatto leva sull’essere stati capaci di trovare un metodo efficace e privo di rischi per gestire il dolore: l’esercizio. Inoltre, aver tranquillizzato la paziente sul non aver una protrusione con radicolopatia in atto, ma spiegandole che il suo dolore era dato dall’aver ecceduto la capacità di carico ha migliorato nettamente la risposta emotiva alla situazione.
“Hai già sperimentato in passato un modo che ti ha portata a gestire il dolore lombare per ben un anno e mezzo, dove sei riuscita a fare tutto ciò che volevi, ora si tratta di rimetterlo in atto con nuovi accorgimenti data la piccola riacutizzazione, e sai che con tempo e costanza vedrai risultati”.
“Come hai potuto vedere, la tua schiena oggi è ben diversa da quella di un anno e mezzo fa, e una cattiva gestione del carico è stata la causa del tuo sintomo attuale. Vediamoci per qualche seduta per gestire i carichi al meglio e riportare la tua schiena alla condizione precedente”.
Michele, Franco, Luca e Marta sono quattro pazienti che si sono presentati in ambulatorio, ognuno con la propria storia clinica e non, ognuno con le proprie sicurezze, insicurezze e paure riguardo il dolore, ognuno con diversi punti di forza per poterlo gestire. Abbiamo trovato nel Common Sense Model applicato al dolore lombare un aiuto concreto per guidarci nel colloquio con questi pazienti, così da poter scovare i concetti target per loro su cui sarebbe stato importante lavorare durante le sedute di fisioterapia. Possiamo comprendere come, a volte, una parola detta diversamente, il modo di porre le domande, saper enfatizzare e supportare anche con il linguaggio ciò che il paziente ci dice e non ci dice è la chiave per arrivare ad una corretta gestione del problema.
Speriamo che gli esempi pratici siano stati utili! Se volete approfondire trovate in bibliografia l’articolo di riferimento.
Bibliografia
Bunzli S, Smith A, Schütze R, Lin I, O’Sullivan P. Making Sense of Low Back Pain and Pain-Related Fear. J Orthop Sports Phys Ther. 2017 Sep;47(9):628-636. doi: 10.2519/jospt.2017.7434. Epub 2017 Jul 13. PMID: 28704621
Massimo Morini, Liberi dal Dolore, Il metodo delle 3 E. Un nuovo approccio verso il dolore cronico. 2017